giovedì 15 febbraio 2018

A CASA TUTTI BENE di GABRIELE MUCCINO

Premessa: non amo il cinema di Muccino. A parte il dittico del " Bacio", però per anni ho criticato il suo cinema: urlato, eccessivo, argomenti un po' così.
In più il regista romano non è proprio simpaticissimo e si sa, noi in Italia votiamo o lodiamo a seconda della simpatia. Te puoi esser il peggio figlio di mignotta, ma se sei simpatico o entri in simpatia, stai certo che troveremo un modo per valutarti bene.
Mai mi sarei aspettato di andar a veder un'opera di questo regista al cinema. Mai. Fatale è stato il mio entusiasmo per "Bella senza anima" e la presenza di molti attori o attrici che stimo assai. Mia moglie ha colto la palla al balzo e a nulla son serviti i miei barbatrucchi, per evitarne la visione.

Ipotetico terzo capitolo sulla famiglia, il matrimonio, l'impossibilità di essere felici e il dannarsi a cercarla codesta felicità; la pellicola è un concentrato di malinconia rabbiosa e gioia dolorosa. In poche parole la nostra vita quotidiana, forse mai così totalmente drammatica, però nemmeno troppo lontana dai fatti narrati.
Questo blog si chiama " Spettatore Indisciplinato", perché vuol essere il diario di un appassionato di cinema, con gusti anche terribili e repentini cambiamenti d'idea . Io sono convinto che vi siano molti modi di avvicinarsi al cinema. Ci sono quelli che lo studiano e fanno i critici, quelli che ci lavorano e noi.
Quelli che si esaltano, emozionano, ridono, piangono, perché in un film riconoscono sé stessi. O forse solo i loro sogni.
Io mi sono emozionato vedendo questo film. Non un'emozione a buon mercato, alla buona. No, ho vissuto una vera empatia nei confronti dei personaggi.
Così infelici, sciocchi, crudeli eppure umanissimi. Ti senti in imbarazzo quando Riccardo, un bravo Gian Marco Tognazzi, cerca di farsi riassumere nel ristorante dei cugini, avverti totalmente il dolore della bambina che trova la madre tra le braccia di un altro uomo, ti commuovi quando Paolo ( straordinario Massimo Ghini) dice alla moglie che può anche mandarlo in ospizio, e si scusa per la sua malattia.
Certo, lo so e lo comprendo: ci piacerebbe che la nostra vita famigliare avesse la nobiltà e dignità dei drammi di Bergman e invece, con stupore, scopriamo che al massimo siamo un film di Muccino. Le grida isteriche da tanti condannate, non sono forse le stesse che usiamo anche noi, quando litighiamo? Gli affanni, il parlar concitato, non appartiene a un modo di rapportarsi agli altri, quando siamo ansiosi, angosciati, temiamo di crollare? Forse sono solo io che comprendo tutto questo, perché le urla, la rabbia incontrollata fanno, o facevano, parte della mia vita. E non mi disturbano viste in un film.
Durante la visione ho pensato al dolore dei personaggi e spesso lo sentito mio. Non tanto quando scoppia la tragedia vera e propria, ma in quei momenti in cui - dannata illusione- magari pensi che se ti fossi comportato in altro modo, ecco avresti potuto aver un minimo di felicità. Ho pensato che anche a me piacerebbe una vita normale. Essere contento di me, saper gestire la quotidianità, e non perdermi in sogni di gloria anche un po' ridicoli. Ho pensato, guardando il film, come spesso anche noi ci comportiamo come i personaggi di Stefania Sandrelli o di Sabrina Inpacciatore: ci ostiniamo e ci condanniamo ad essere felici. Un dovere morale,  più che una reale condizione umana.
Ho visto in questi personaggi la mia fragilità, la mia debolezza, e la rabbia nei confronti del dolore che gli altri mi provocano. O che mi procuro da solo.

Gli haters vi diranno le solite cose ( ho letto critiche ad Accorsi che sclera quando non succede mai) avranno anche ragione, ma penso che alcuni autori stiano sulle palle a prescindere. Ammetto anche di non essere immune a questa tendenza, riconosco di sbagliare quando mi capita di giudicare senza vedere o ascoltare, leggere, l'opera di un autore. Quello di Muccino è un cinema senza ombra di dubbio non trattenuto, ma assai eccessivo e viscerale. anche sentimentalista,  Ripeto molti suoi film non mi piacciono, ma qui vi ho trovato l'amarezza urgente, necessaria, sincera di una bellissima opera come " Baciami Ancora"
In questo film l'aspetto malinconico è più marcato ed a mio avviso non si eccede mai in scene madri indigeste. Ogni scatto di rabbia, ogni scontro è ben calibrato ed è funzionale al film e al suo messaggio finale. Non è un'opera consolatoria, c'è tanto rimpianto per aver perduto la possibilità di vivere un'altra vita ( ben rappresentata nella bellissima scena in cui lo smemorato Paolo chiede all'ex moglie di Favino da quanto tempo vivono insieme e lei immagina una bellissima vita non vissuta realmente), ci sono le ipocrisie e i tradimenti.
Ed è tutto diretto, crudo, perso nella incomunicabilità e dell'incomprensione.
Come se la felicità fosse una cosa evanescente, eco lontano di una canzone cantata insieme e persa nella rabbia e nel dolore di vivere.
Sì, a me codesto film è garbato assai. A volte dar fiducia anche ad autori che, di solito, non apprezziamo o seguiamo, è un atto che non danneggia noi stessi e le nostre idee, ma può donarci qualcosa di interessante, bello, utile, commovente. Mettiamoci in gioco più spesso


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