lunedì 15 gennaio 2018

Le buone intenzioni del 2018

Ogni nuovo anno si apre con una lunga lista di buoni propositi. Quali potrebbero essere per uno spettatore indisciplinato?
Mi sono posto questa domanda perché ormai è sempre più evidente di come io stia cambiando, anche a piccoli e quasi impercettibili passi, come essere umano.
Il cambiamento è l'ossessione degli occidentali, spesso se riguarda altri popoli e nazioni. 
Curiosamente ci spaventa se tale evento accade a noi stessi o ai nostri amici. 
Ho perso il conto delle volte in cui mi son imbattuto in qualcuno che si spertica in complimenti verso chi è uguale a sé stesso, anche se sono passati decenni e decenni.Mentre si giudica male chi a un certo punto ha deciso che non gli stava più bene un certo ruolo, che qualche idea andava cambiata, o che dopo una gioventù dedicata allo sballo, ne aveva piene le balle di finir la serata a vomitare. 
Che non è affatto rock. Il rock rimarrà sempre quella cosa bellissima che scintilla sulle corde di Jimmy Page. Non io che a 41 anni mi comporto da ragazzino, così gli amici del bar sono contenti di  me.
Probabilmente è tutto scritto, Dio o il Destino hanno scelto come dovremmo vivere la nostra esistenza. A noi l'illusione di credere nel libero arbitrio, nelle scelte. 
Io amo le illusioni.
Credo che la speranza, se vissuta in modo attivo, possa renderci più sostenibile la vita.

Perché essa ci porta a tentare di migliorare la nostra vita ( quando dico migliorare intendo piccoli passi in avanti nulla di grande e rivoluzionario). Fidato alleato della speranza, dell'illusione, della voglia di stupirsi, meravigliarsi, è da sempre il cinema.
Prima parlavo di cambiamento e l'ho buttata sul filosofico usa e getta. Non perderò mai il vizio di usare 10 parole quando ne basta una! In realtà notavo come in questi anni, in cui non mi limito a vivere come posso ma come voglio, anche certi miei pilastri e radici su cui ho fondato la mia formazione di spettatore indisciplinato, siano profondamente modificati.
Non sono più apaticamente pessimista, non riesco più a rifugiarmi dietro a un comodo " ma tanto tutto finisce male", ho capito - ma questo lo sapevo da sempre- che sta storia del buonismo, del cinema che ci ricatta moralmente, la battuta acida ogni volta che ci commuoviamo, non mi interessano più. Né in me, né negli altri.
Se fino a qualche tempo fa citavo alcuni maestri del cinema, per rafforzare la mia tesi su un pessimismo cosmico da discount, ora mi rendo conto che non mi riconosco per nulla nei loro pensieri ( che rimangono sempre alti e nobili poiché parliamo di grandi maestri però mi sarei un po' rotto le palle).
Non mi serve per forza che il cinema sia disturbante, devastante, figurati visionario.  Se questi elementi ci sono e vengono usati bene, mi fa piacere, ma non credo più in un unico metro di giudizio per farmi piacere un film.
I film "buonisti e consolatori" sono ridicoli tanto quanto quelli che a tutti i costi ci tengono a dimostrarsi "cattivi, senza speranza"
Perché è più facile mostrare un gesto negativo, piuttosto che affrontare il tema del perdono, della solidarietà di classe e umana, o mostrare una famiglia in cui non vi siano tragedie e rancori sopiti.
In fin dei conti al cinema cerchiamo conferma della nostra vita. Vogliamo che il film ci dica che abbiamo ragione. 
Vogliamo continuare a vivere senza sforzi.  
Per cui anche il cinema o le serie tv " anti retoriche e non buoniste", ci donano tanta consolazione. Non rivoluzionano nulla e son ben schierate col pensiero dominante di questi tempi: fa tutto schifo ma io non c'entro nulla.

In questo 2018 ho voglia di leggerezza. Non superficialità, che è tutta altra cosa.

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