giovedì 28 settembre 2017

EL BAR di ALEX DE LA IGLESIAS

Un burlone, un buffone, uno che se la gode e si diverte tantissimo. Un ragazzino nella stanza degli adulti, che come ogni ragazzino vispo e pimpante, si diverte a smontare i loro caratteri e le loro funzioni sociali, ma non tanto perché ha una critica da fare, ma così: per divertimento.
Sono sicuro che costui si faccia matte risate quando legge le critiche dei suoi fans, che in tutti i modi tentano di intellettualizzare le sue pellicole, che lo reputano "cattivo", anarchico", e bla bla bla. Matte e sonore risate, perché Alex ha una sola grande e potente libertà: la gioia di far farse anche nerissime, ma dove la parte principale è un divertimento infantile e fanciullesco, cattivo come possono esser appunto i bimbi, sicché anche limpido e cristallino, ma fragile e scostante, coinvolgente e dispersivo.
Questa la sua forza e questo il suo limite.

Pellicola godibilissima  e divertente, sostenuta da un sano ritmo travolgente per quanto girata in luoghi chiusi ed angusti, sorretta da dialoghi e personaggi funzionali  a tener accesa l'attenzione dello spettatore. Molti hanno parlato di opera che parla delle nostre paure, di gioco al massacro nei confronti dei personaggi, ma fino a un certo punto. Proprio perché al regista non interessa lanciare messaggi precisi, che non mancano ma son gestiti in fretta e si disperdono subito dopo che alcuni dei protagonisti son costretti a rinchiudersi nel magazzino del bar. Servono per creare atmosfera e spiegare le dinamiche che verranno a crearsi, a "portare avanti la storia", non a far riflettere o criticare o altro.
Comunque, in breve, la storia: un gruppo eterogeneo , variegato, di persone si ritrova rinchiuso in un bar. Fuori qualcuno spara a chi esce, cosa starà capitando?
In questi primi minuti di film, si nota come le persone siano vittime di paure e allarmismi condizionati dai media, da notizie leggiucchiate , dal nostro stile di vita che commenta, offre opinioni, ma su cosa? Cosa sappiamo noi di quello che ci capita? Questa pare la domanda su cui basare tutto il film. Questa è la parte migliore. L'opera ha un incipt davvero ottimo
Poi si trasforma ben presto in un onestissimo, buonissimo, film di puro genere, che dimenticherò tra cinque mesi, certo, ma che in questo momento mi ha divertito
I personaggi sono funzionali, dicevo. Non è che vi sia un approfondimento della loro psiche o delle loro ragioni, sono simboli, frantumati con allegra gioia da parte del regista, ma questo sono.
Vi sono anche momenti brevissimi, in cui, si prova anche pena per costoro,  per esempio la scena in cui Trini parla della sua solitudine, di una vita mal spesa davanti alle macchinette nel bar.
Per essere anarchico dovrebbe scompaginare le nostre certezze si chi sopravviverà alla fine, invece risulta chiaro e preciso fin dalle prime battute. Non sorprende assolutamente, a parte il personaggio di Israel, senzatetto fanatico religioso, gran bel personaggio di villain. Per il resto sappiamo più o meno quello che faranno e diranno, ma va benissimo così. Non è un difetto, anzi!
Perché ci concentriamo su codesta pellicola assai gustosa e divertente, versione personale di un  regista culto con una sua invidiabile carriera alla spalle, se poi vuol proprio continuare e rischiare di rovinarsi, non so.. Che intrattiene per quasi due ore.  Certo la partenza a bomba svanisce nel proseguo, tornando di tanto in tanto in qualche scena o sequenza, ma se volete vedere un purissimo film di genere,  una commedia "nera", però anche gestibile,  un film sui virus, ma in cui esso compare pochissimo, insomma un'opera per passare bene una serata: ecco, guardatela.  Ah, si c'è tutta la parte nelle fogne, immersi in escrementi, ma alla fine si è visto anche di peggio.
Per cui non cercate significati o metafore, questo è autentico, dinamico,  turbolento, cinema senza altre contaminazioni.

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