lunedì 13 luglio 2015

L'UOMO CHE AVEVA BATTUTO LA TESTA di PAOLO VIRZI'

Non è tanto la testa, la ragione, l'analisi lucida, quella che rimane a futura memoria. Mi piacerebbe che fosse così, ma forse questi elementi è meglio perseverarli per la politica, per il resto cosa conta? Cose impalpabili, cose che ci piace pensare esistano solo nei films. Non in tutti, quelli buonisti.
Sono le lacrime di gioia, sono la riconoscenza per esser così fragili e stupidi, da emozionarsi per le parole e le vite altrui. E sono i posti
Io amo Livorno e Roma. Certo avranno difetti e limiti, ma la perfezione è un atto innaturale, di repressione, quindi le mie città sono queste due.

Virzì attraverso codesto documentario tenta di narrare una città, un popolo, attraverso la storia di un grandissimo artista: Bobo Rondelli.
Chi è costui? Un cantautore che pesca nel meglio della canzone italiana e nel mondo del rock. Cantore di sentimenti spesso malinconici, di personaggi per niente facili, le sue canzoni stanno sospese tra un'ironia istrionica dissacrante e una profondissima e dolcissima amarezza, mestizia, gioie tenere e fragili, sospese.

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Così Virzì gira la città intervistando attori, musicisti, amici di Rondelli, portando la mdp all'interno della sua vita e dei suoi pensieri. C'è, essendo un'opera del grande regista livornese, tutta quella poetica legata alla compassione per i personaggi. Non si nascondono limiti ed errori del protagonista, ma non si vuol né infierire né fare agiografia. Tu vedi un uomo, prima di un artista. E io amo entrambi.
Il documentario è un mezzo cinematografico potentissimo, perché rende cinema la realtà. Non fate come Nichetti che è convinto che questo modo di fare arte visiva, sia solo la riproposizione della mera realtà. Non fate come quelli che se non vedono svolazzamenti di draghi, dicono: eh ma se vuoi fare un film sulla vita vera, gira un documentario.
Esso riprende la verità della vita, ma la messa in scena è cinema. Perché dietro c'è un regista che sceglie cosa e come riprendere. Virzì poteva mettere insieme immagini gioiose di repertorio, poteva mostrare solo l'aspetto positivo, e invece non l'ha fatto. Perché a lui interessa la complessità dolce amara della vita, interessa i sentimenti.
Così mentre le immagini scorrono, ecco venire alla luce una città unica e impossibile come solo Livorno sa essere.
Posto che blocca tutto, che nasconde dietro all'esaltazione dell'ignoranza e della sfacciataggine una profonda sensibilità, della quale prova vergogna. Posto che non perdona chi lascia la compagnia del cortile, del bar, che campa su un'improbabile purezza. E queste in un certo senso sono le "accuse" mosse a Rondelli. Cioè aver scelta la comoda vita dell'outsider idolo delle folle della sua città, invece di rischiar puntando in alto, a livello nazionale, visto che lui è davvero eccezionale, unico, irripetibile.
Il successo, avere molti ammiratori, far parte di un giro "grosso" è per forza simbolo del male? Evitare compromessi per sostenere una purezza che anche di auto reclusione è simbolo di giustezza? Meglio evitare di girare lo "stivale" per dar spazio ai Gramegna Tour, come li definisce amaramente e ironicamente lo stesso Rondelli?

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Ed è appunto un uomo, non un ribelle o un rivoluzionario, quello che esce da questa bellissima opera. Capace di farci emozionare con la sua voce ricca di sfumature, con la sua interpretazione ora selvaggia ora compostissima, con le sue storie, così vere e sentite. Ed è l'uomo che vede fallire un matrimonio, il tutto capita durante le riprese del film, che si commuove ripensando al padre, a quanto gli manchino i suoi abbracci, mai ricevuti, perché sono cose poco maschili, meglio evitare. E poi ci sono le canzoni: che si parli di un orso, che si parli di un vecchio pedofilo, di esistenze alla deriva, c'è la compassione e pietà altissime,nobili, che ci fanno tremare il sangue nelle vene

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Ringrazio Virzì e Rondelli perché mi hanno commosso, intrattenuto, fatto riflettere. Io amo questo artista così imperfetto, così autolesionista se vogliamo, ma così vero. C'è l'urgenza delle parole, pensate e amate, volute in quel modo preciso. C'è riflessione e ragionamento, c'è un grande cuore.
"Viaggio d'andata, senza ritorno, bella Livorno, mi fermo qui"

Lasciate che io mi fermi in questa città, con questo popolo, con il cinque e cinque da Gagarin, la videoteca del Frusciante, il porto,Ciampi, le scritte rivoluzionarie sui muri, il 1921 e la nascita del comunismo, Shangai, Livorno è la Vita in tutto il suo splendore e decadenza. Nessun posto è paragonabile a codesta città, a parte la sola Roma,e Rondelli è il suo migliore e nobilissimo cantautore

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