mercoledì 24 giugno 2015

NOI E LA GIULIA DI EDOARDO LEO

In fin dei conti ogni cinematografia rispecchia il suo popolo. Mica un caso che gli svedesi abbiano Ingmar Bergman, ed è giusto così. Il cinema è un rielaborare, rileggere, la realtà, certo, ma si parte sempre da un vissuto comune. Qualcosa che quel determinato pubblico sappia riconoscere e riconoscersi.
Noi buttiamo tutto in  Commedia.

Sicché anche la camorra, il pizzo, le difficoltà economiche, possono farci ridere. Detto tra noi, codesta pellicola fa ridere molto. Tantissimo, in particolare nella prima parte, assai riuscita.

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La prima cosa che balza agli occhi, sai cosa è? Che sia un film decisamente scritto. Non una serie di situazioni alla cazzo, che tanto basta aver il comicastro del momento e l'opera è fatta.
Qui c'è cura per i personaggi, le loro motivazioni, le scelte che fanno. Rappresentati con quella ironica umanità e compassione di scuole Virziniana, che io adoro.
Diego, Fausto, Claudio, ai quali si uniscono Sergio ed Elisa, sono esseri umani che hanno dei conti in sospeso con la vita, con i sogni, sono come moltissimi di noi allo sbando. Indecisi sul che far della loro vita.

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Uno ha accettato di vender auto di lusso a una clientela di teste di cazzo, talmente abituato ad accettare una vita che non gli piace da deludere pure il padre morente. Cosa brutta assai, non riuscire a far cogliere alla gente che ci ama, che potremmo essere felici, che potremmo realizzare il nostro obiettivo e sogno.Diego comprende troppo tardi che sia venuto il momento di agire e riprendere a vivere. Non solo sognare quel casolare nelle campagne del napoletano.
L'altro è un attore fallito, millantatore e ottuso fascista, che campa vendendo pessimi orologi in una piccola tv locale, e poi c'è Claudio che è riuscito a far fallire l'azienda di casa e perdere la moglie, anche se lui è ancora innamorato di lei.
Questi tre eroi per caso, si ritrovano loro malgrado a metter su società acquistando insieme il casolare. A loro tre si uniscono il leggendario e memorabile compagno Sergio, un Amendola in stato di assoluta grazia, e la dolcissima Elisa. Ragazza dalla vita sentimentale travagliata e alla ricerca di lavoro, ma anche di contatto umano.

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Non hanno fatto conto, però, con la camorra. Poteva mai mancare la richiesta di pizzo? No. Infatti si presenta su una Giulia, vecchia macchina italica, un tal Vito. Tra una frase e l'altra fa intendere che si deve pagare,ma l'intervento rivoluzionario del compagno Sergio, fa precipitare la situazione.
Ora, fossi una tizia che scrive recensioni sul Fatto Quotidiano, criticherei il film aspramente dicendo: "Poteva uscire un ottimo action, con loro rinchiusi nel casolare e fuori la camorra. Tipo Distretto 13. Tipo." E invece il film decide di rimaner quello che è: una buonissima commedia italiana.

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Si ride, ma in sottofondo passano le disgrazie di questo paese e delle nostre generazioni. I personaggi mostrano tutti un tentativo maldestro di stare a galla, ognuno di loro sognava altro e invece si son ritrovati a vivere il meno peggio. La vita come possono, non come vogliono.
Tutto questo, quindi, nasconde anche un retrogusto molto malinconico, proprio come nei film meravigliosi di Paolo Virzì, ogni personaggio ha il suo lato negativo e debole, ma anche una tale disarmante umanità che è impossibile non amarli.
Merito della buona sceneggiatura, della regia di Leo e del cast davvero ben assortito.
Proprio dovessi trovare un difetto, la seconda parte è decisamente più debole della prima e anche il monologo finale di Claudio non è scritto benissimo, sembra davvero lo spot di una macchina eh! ^_^
Ma sono piccoli difetti, in un film che funziona assai e ci dona personaggi umani, troppo umani. Sopratutto tra una risata e l'altra, ci rammentiamo di che razza di paese sia il nostro. Pieno di cose e persone meravigliose, ma vittima dello squallore, della delinquenza organizzata, altro che rom, del disastro umano ed economico. E a noi non resta che resistere. Viva Marx! Viva Lenin! Come direbbe il compagno Sergio.

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