venerdì 17 ottobre 2014

YELLOW SEA di NA HONG JIN

Ci sono parti  di umanità dispersa nel mondo, gente inghiottita da una vita amarissima , che non concede nulla di buono. Eterni stranieri.
Gu Nam è uno di questi.  Fa parte della comunità sino-coreana, gente che riesce a vivere il peggio di due nazioni. Non voluti, non considerati. Da una parte straniero e dall'altra carne da macello per ogni affare, ogni lavoro da poco.
Perché il razzismo e l'odio nazionale si manifesta in tutte le culture. Non esiste un sistema, una nazione, un popolo, perfetto. Senza le squallide debolezze umane.  Ci facciamo una ragione,ma - il fatto fondamentale- non l'accettiamo e continuiamo a sostenere la parte sana e buona di ogni società.




Gu Nam è vittima del vizio del gioco e di una sfortuna assoluta e totale, è uno dei dannati della terra e come ogni dannato ha un suo diavolo personale che lo condurrà alla rovina.
Cosa succede? Che deve accettare di uccidere un uomo in Corea. Nazione , dove, da un po' di tempo si è trasferita la moglie, lui non ha più sue notizie dal giorno della partenza .
La prima mezzora è il ritratto di una umanità sporca e persa in posti sporchi e persi, tra il confine cinese,russo,della corea del nord. Una terra dimentica da dio e snobbata dal diavolo,pensa un po' che bel posto.
Poi l'uomo parte per la Corea del Sud. Uno straniero, un uomo solo .Ha una missione ,ma in realtà vuole ritrovare la moglie
La storia si complica dopo la morte del tizio che Gun doveva eliminare.


Un noir coreano è qualcosa di altro e oltre rispetto alla tradizione europea o americana, o forse no. Molto probabilmente le regole sono sempre quelle,ma è il modo di metterle in scena che cambia. Il sotto testo, l'evoluzione dei personaggi, la mancanza di buoni e di riscatto della vittima. Come accade qui.
Si dannano, compiono anche gesta clamorose,ma alla fine non scappi da una morte inutile, solitaria,senza gloria e senza vendetta.
Smarriti,dimenticati,soli, come Gu Nam .E tutti quelli che lo circondano. Non c'è solidarietà nemmeno tra gli ultimi, non c'è un uniamoci contro i cattivi,perchè: chi è buono? Chi cattivo?
C'è solo la sofferenza di dover vivere una vita da emarginato o da sanguinario delinquente. Fare male e morire,pare l'unica scelta possibile.
E a fanculo tutto il resto.

 

Film glaciale, implacabile, radicale nel suo pessimismo , eppure - nonostante tutto- anche tragicamente umano e vero. Quante son le persone invisibili, nate in parti del mondo dimenticate da dio,con la pelle del colore "sbagliato" o appartenenti alla "classe" sfruttata e perdente, che vivono e scompaiono nella più totale indifferenza? Eppure sono come noi: esseri umani.
Tutto questo , codesta pellicola, lo evidenzia molto bene.

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