mercoledì 16 luglio 2014

UNA SCONFINATA GIOVINEZZA DI PUPI AVATI

Io sono tante cose,ma senza ombra di dubbio una cosa non sarò mai in vita mia: Paganini. Lui è passato alla storia per non ripetersi mai, ( e anche per un film horror..vabbè lasciamo stare), io invece mi ripeto sempre.
Quindi: ripetiamo una delle mie tante e assurde regole.
Ci sono film imperfetti o brutti, che però hanno un tema, un interpretazione, delle verità urgenti che non possiamo far a meno che superano i limiti evidenti del film.

Questa pellicola rientra prepotentemente in questa categoria.  Perché a fronte di una sceneggiatura non sempre chiara e precisa, di una regia talora dispersiva, vi sono momenti di autentica e assoluta commozione. Profonda, sincera, legata alla condizione del personaggio di Bentivoglio, ma anche di Francesca Neri.
Reali, incapaci di reggere la malattia .
Una discesa all'inferno, nei gironi danteschi e di mortificazione in espansione tipici della malattia.



Eppure quando la pellicola funziona, quando Avati si ricorda di esser un ottimo regista, vi sono sequenze e scene davvero toccanti: i due che giocano su una pista improvvisata a casa,a biglie . Con i tappi delle bottiglie ,come da giovani.
L'eterno ritorno della gioventù, di un malato di alzheimer,ma anche malattia terribile di una società bambina, involuta, frivole,superficiale e crudele. Che non vuole veder gente soffrire,stare male,che nasconde il dolore e la malattia, che parla di ricatti morali, anche a ragione. Perché è troppo dura.
Tutto questo Bentivoglio, memorabile e straordinario , lo rappresenta benissimo. La rabbia, ,lo sconforto, le lacrime e imprecazioni, l'odio e la violenza, passano nel suo personaggio e si ritagliano un posto nella mia mente di spettatore indisciplinato.



Il rimpianto di un tempo innocente e spensierato, seppure già segnato dal dolore e come ci verrà svelato nel finale anche dal inganno, ritorna prepotente nella mente malata dell'uomo. I vecchi amici, il cane , ( straordinaria intuizione chiamarlo " Perché" sia nel senso di eterna domanda di meraviglia e sbigottimento spaventato di fronte alla vita, ma anche come spiegazione di una situazione difficile da sostenere), la montagna, gli zii. LA GIOVINEZZA.



La quale è anche però una trappola di dolore - la malattia- e di inganni. Di cose non comprese,nascoste, meschine. La purezza del protagonista stona con l'ambiente. L'unica a sostenerlo la moglie.
Donna coraggiosa, ferita dal fatto di non poter avere figli, che cerca in tutti i modi un sistema per dare una mano, essere d'aiuto al marito. Ma le buone intenzioni, l'amore coniugale, non bastano. Lei si sacrifica totalmente , tanto da rifiutare anche un appuntamento con il collega anche lui coinvolto nello stesso problema , ma non resiste a lungo.

Ecco in questi ritratti il regista emiliano offre grandi cose. C'è un emozionarsi adulto, forte, che non sempre è riscontrabile nelle cinematografia odierna.



Certo non tutto funziona a livello di regia,recitazione,sceneggiatura e infatti Una Sconfinata Giovinezza non è un film riuscito. Nondimeno due ottime interpretazioni,alcune sequenze e un finale amarissimo e dolce allo stesso tempo, i temi che comunque sfiora  e su cui dobbiamo riflettere , non me lo fanno stroncare del tutto.

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